Intervista di Mariangela Di Geronimo (Articolo del giornalino di Novembre 2020)
Conosciamo il nuovo parroco della parrocchia San Girolamo Emiliani di Statte.
Don Luciano Matichecchia, classe 1985, originario di Monteiasi, ordinato sacerdote l’8settembre del 2011 è stato anche l’ultimo sacerdote ad essere ordinato da Mons. Benigno Papa. Prima di approdare a Statte è stato vice-parroco nella parrocchia Madonna delle Grazie in Grottaglie, al Santuario N.S. di Fatima in Talsano, alla Madonna del Rosario in Grottaglie e a Santa Rita in Taranto. Attualmente è l’assistente diocesano dell’ACR, dell’Azione Cattolica.
DON LUCIANO, COME NASCE LA TUA VOCAZIONE?
La mia vocazione nasce per gioco, giocavo a pallone in mezzo alla piazza del mio paese e siccome i miei amici, chierichetti, poi se ne andavano tutti ed andavano a giocare in un campetto vero, nella mia parrocchia, allora io per non star da solo perchè figlio unico li seguivo e quindi giocando giocando il Signore m’ha rapito. C’è stato un periodo in cui poi questa cosa l’ho messa un pò da parte, ho frequentato le scuole superiori al Righi, pensavo di fare altro, di entrare in marina, di fare l’ingegnere ma invece poi il Signore ha deciso di fare altro con me e quindi sono entrato in seminario ed è stato amore.
COME HAI VISSUTO LA TUA CHIAMATA A STATTE E COME STAI VIVENDO QUESTI GIORNI?
L’Arcivescovo me l’ha chiesto, ed io ho detto di sì in maniera semplice. Dopo 9 anni da vice-parroco, la mia esperienza venendo a Statte è proprio quella di mettere in pratica ciò che mi ha detto mia madre, quella di mettere la testa sulle spalle di crescere con amore i figli e con sacrificio. Quello che mi piace sottolineare che sto vivendo da un pò di settimane è che le persone che mi hanno accolto sono tanto buone, sono sempre presenti, sono disponibili per qualsiasi cosa.
Grazie ai parrocchiani che sono sempre vicini, sono sempre delicati e ai sacerdoti, padre Luca, don Ciro e don Giovanni.
Ora il desiderio è di andare a trovare un pò di persone fuori, ad incontrare un pò tutti, magari in occasione della benedizione delle case, se l’emergenza sanitaria ce lo permetterà. Il desiderio è questo: stare con tutti, amare tutti, servire tutti e aiutare tutti a poter incontrare il volto bello di Gesù.
COSA VUOL DIRE SERVIRE?
Servire è amare sicuramente, però amare spodestandosi perchè il servo, lo schiavo, Gesù che lava i piedi ai discepoli fa una cosa che comunque non è nobile, è una cosa che non fa piacere, in fondo servire è anche mortificare un pò se stessi, mettere da parte che io voglio essere servito, che io voglio primeggiare, che io voglio.. e quindi sull’esempio di Gesù è vivere l’amore però favorendo l’altro, amo l’altro così come desidera essere amato, come desidera essere incontrato donando tutto e mettendo da parte me stesso per questo amare è servire e servire comunque sia è anche abbastanza doloroso non è sempre qualcosa di gioioso, di così semplice.
COME SI FA A RACCONTARE LA GIOIA IN QUESTO PERIODO PARTICOLARE?
La gioia si può raccontare e la prendo da un passo del Vangelo che abbiamo ascoltato qualche settimana fa. Gesù dice:“Date a Dio quel che è di Dio, date a Cesare quel che è di Cesare” quando noi diciamo che in un tempo in cui avanziamo i nostri diritti con lo Stato, con il Governo, quello è un “dare a Cesare ciò che è di Cesare” ed è giusto, ad esempio, pagare le tasse, fare il nostro dovere ed aspettarsi da parte “di Cesare” una buona cura per il bene comune e verso di noi però c’è anche da dire che c’è da “dare a Dio quel che è di Dio” e se io mi sento proprietà di Dio vuol dire che Dio ha dei diritti su di me, dei diritti d’amore, per cui la gioia avviene in questa sana dipendenza da Dio è paradossale perchè spesso pensiamo, che la vera felicità consista nell’autodeterminarsi, nel scegliere da soli secondo i propri gusti e le proprie cose ciò che fare; ed invece è proprio il contrario: la gioia nasce legandosi a Dio, riconoscendo che lui ha dei diritti sulla mia vita, dei diritti d’amore che rendono essi stessi questi diritti di Dio su di me, rendono questi la mia vita gioiosa e quindi la vera gioia è sapere di essere poveri, casti, obbedienti.
La vera gioia è sapere di essere di Dio che mi comunica la sua bellezza, la sua povertà, la sua castità, la sua obbedienza, la sua maestà, la sua gloria, il suo peso nelle cose quotidiane e purtroppo, invece, per altre cose tutto questo viene messo da parte, ci perdiamo il bello, ci perdiamo la gioia, ci perdiamo il gusto di vivere perchè solo Dio può dare la vita, tutte le altre cose sono o conquiste dell’uomo o sono cose che ci vengon regalate da lui ma la gioia non si compra, la dà Lui quindi è questo che in questo tempo anche se è diffcile e faticoso nessuno può strapparci l’intima gioia che Dio ci dà se noi riconosciamo che dobbiamo “dare a Dio quello che è di Dio” cioè tutto. Non possiamo darGli un’ora di messa la domenica o un’ora di catechismo oppure dieci minuti di volontariato. Io gli devo dare tutto, tutto! Date a Dio quel che è di Dio e questo rende felici.
Grazie a Don Luciano per il tempo che ci ha dedicato in questo periodo pieno e di assestamento e benvenuto a Statte da parte della comunità del Sacro Cuore.